Con il Panino del 1 d' agosto: Sostenere l'alpe

In Valle Onsernone l’alpe Porcaresc necessita di lavori di restauro. Anche voi potete contribuire con un piccolo gesto.

Raffaela Brignoni / Claudio Bader

Un panorama mozzafiato con pizzi di oltre 2mila metri che separano la Svizzera dall’Italia. A vista d’occhio nessun segno di presenza umana. Siamo all’Alpe Porcaresc in fondo alla Valle Onser-none a 1.796 m d’altitudine. È la settima stagione che la fa-miglia Matasci conduce qui le sue vacche e le sue capre nei mesi estivi. «Avevamo visto l’alpe qualche anno prima e ci era subito piaciuto» afferma Nadia Matasci, che in estate fa la spola tra la casa di Sonogno, dove si trova l’azienda agricola bio di famiglia, e l’alpe, dove nei mesi estivi risiedono il marito Damiano e il figlio Attilio. Nella piccola cascina di pietra scoppietta il fuoco su cui Damiano Matasci ha appena cucinato la polenta, diffondendo un profumo invitante. Se non fosse per la presenza di una radio, questa scena potrebbe essersi svolta secoli fa. Ma pare giunto il momento di guardare al futuro. La piccola sala è il luogo in cui si prepara il formaggio. E secondo l’ordinanza federale sulle derrate alimentari, i locali adibiti alla produzione del formaggio devono essere distinti da quelli abitativi. Si impone quindi una ristrutturazione che se-pari i due ambiti, ma l’alpe necessita anche di altre migliorie. L’approvvigionamento in acqua è ora garantito solo da una cisterna, non c’è una vera e propria cucina e il camino è l’unica fonte di calore. «L’anno scorso ha piovuto così tanto che riuscivamo a malapena a far asciugare i vestiti» ricorda Nadia, che si rallegra anche del fatto che potrà portare sull’alpe la sua piccola cucina «è giù che aspetta da anni» sorride. Verrà costruita una funivia, l’acquedotto sarà potenziato e il sentiero pulito. «L’alpe di Porcaresc è piccolo ma di grande qualità» sottolinea Tarcisio Terribilini, presidente del Patriziato generale d’Onsernone, che conosce l’alpe da quando è bambino. E non è l’unico ad avere a cuore il futuro dell’alpeggio. Questo si trova in quello che sarà il parco nazionale del Locar-nese e sia per la Confedera-zione che per il Cantone il progetto merita di essere sostenuto. Sono stati promessi degli aiuti, ma non baste-ranno a coprire la somma di oltre 1 milioni di franchi. E qui interviene il Padrinato Coop per le regioni di montagna, che vuole apportare il suo contributo con la promo-zione del panino del 1° d’agosto (vedi a p. 13).

Un formaggio particolare

«Il formaggio d’alpe è buono dopo 4 mesi, ottimo dopo 8 ed eccellente dopo un anno» spiega recitando un detto Damiano, offrendocene di quello eccellente con polenta e insalata dell’orticello. «Il nostro formaggio ha la particolarità di contenere sia latte di vacca (per circa i ¾) che di capra». La fama del prodotto si è sparsa bene; a volte Damiano, a malincuore, si ritrova a do-ver respingere i clienti per mancanza di formaggio. Non è la miglior prova che il suo la-voro è apprezzato? Ogni giorno il rituale si ripete: diana alle 4 per mungere le 16 vacche e le 33 capre. Ma prima bisogna trovarle. dall’alpe si sentono i campanacci, ma c’è da aguzzare la vista per intravederle. E l’operazione va ripetuta anche la sera. Ma non mancano gli imprevisti. «Lo scorso anno stava piovendo e un gruppo di giovani esploratori di Grenoble stava arrivando dalla valle Maggia, senza impermeabili. Li abbiamo ospitati, preparato loro da man-giare e fatti dormire qui. Holasciato il camino acceso tutta la notte e il mattino stavo preparando la colazione con il latte appena munto quando vedo i ragazzini tirar fuori dagli zaini del latte UHT!» sorride Damiano. È un’avventura che i giovani non avranno dimenticato, ma anche loro hanno lasciato una traccia in-delebile del loro passaggio. «Ogni casata porta un nu-mero inciso sulla forma di formaggio. Lo faccio con uno scalpello e il numero 6 mi è sempre uscito male. I ragazzi erano qui mentre preparavo la casata n° 16 e uno di loro mi ha guardato dicendo «tu le fais vraiment mal!» e mi ha mostrato come lo scriveva lui» ricorda Damiano, che da allora trascrive il 6 come il ragazzino francese. Oggi Nadia è salita all’alpe portandosi riviste, giornali e viveri. «La radio ci fa compagnia ma ci mancano i giornali. Quando salgo ne approfitto sempre per portare anche frutta e verdura. Un gran lusso quassù!» esclama. I panini del 1° d’agosto saranno d’aiuto per i lavori di restauro ma potreste fare un altro piccolo gesto se doveste capitare da queste parti: pensate a portare con voi un po’ di frutta da lasciare all’alpe.